Le disuguaglianze socioeconomiche influiscono sulla diagnosi e sul trattamento del cancro

  • Una serie di studi rivela il potenziale impatto delle condizioni socioeconomiche su molti processi patologici, incluso il cancro.
  • Le disfunzioni del sistema infiammatorio e immunitario sono più frequenti nelle fasce sociali più svantaggiate.
  • Le disuguaglianze sociali sono anche associate con una riduzione di 2,1 anni dell’aspettativa di vita nella fascia di età 40-85 anni.
  • Questi risultati sottolineano l’importanza di considerare i fattori socioeconomici come un determinante fondamentale della salute. 

Milano/Bruxelles, 14 Maggio 2018– Le persone che vivono in condizioni socioeconomiche più svantaggiose sono più propense a sviluppare diversi tipi di cancro. Questa è la conclusione di una serie di studi condotti da LIFEPATH, un progetto finanziato dalla Commissione Europea con lo scopo di individuare i meccanismi biologici che stanno alla base delle differenze sociali nella salute.

Lo scopo di questi studi è di riassumere le ricerche condotte sulla traduzione dei processi sociali in processi biologici che avviene nel corso della vita, con particolare attenzione sulle dinamiche che riguardano l’impatto delle disuguaglianze sociali sul cancro. LIFEPATH usa un approccio multidisciplinare integrando diverse misurazioni di parametri biologici con informazioni su condizioni socioeconomiche, esposizione a fattori ambientali e fattori di rischio. Gli ultimi risultati ottenuti illustrano il potenziale effetto della posizione sociale ed economica su molti processi patologici, incluso il cancro.

Le analisi svolte da LIFEPATH mostrano che le disfunzioni dei sistemi infiammatorio e immunitario e l’invecchiamento biologico sono più frequenti fra coloro che vivono in condizioni socioeconomiche svantaggiose. Entrambi sono inoltre strettamente correlati all’insorgenza del cancro. Nonostante ciò, le disuguaglianze sociali continuano a non essere identificate come un fattore di rischio paragonabile al tabacco e alla vita sedentaria, e quindi a non essere considerate un elemento importante delle politiche di salute pubblica.

Obesità e sovrappeso sono condizioni influenzate da una componente sociale fin dalla prima infanzia, come ha rivelato uno studio condotto da Cathal McCrory, nel quale si è rivelato che l’indice di massa corporea (IMC) di bambini e genitori è connesso alla condizione socioeconomica fin dai tre anni e vi rimane associato per tutti i primi anni dell’infanzia. Grazie alle ricerche fatte da Maria Kyrgiou, dell’Imperial College di Londra – e riassunte da Marie-Beatrice Lauby-Secretan del Centro Internazionale per la Ricerca sul Cancro – è stato dimostrato che un alto IMC può causare una disfunzione nei mediatori cellulari e molecolari dell’immunità e dell’infiammazione, entrambi associati al cancro. 

Un’altra serie di meccanismi sociali che si traducono in variazioni della salute riguarda i cambiamenti che possono verificarsi nel sistema immunitaria nel corso dell’infanzia. Uno studio di Valerie Garès ha mostrato che i bambini che vivono in condizioni sociali svantaggiate hanno più probabilità di contrarre l’infezione del virus di Epstein Barr, responsabile di alcune forme tumorali – incluso il carcinoma nasofaringeo, il linfoma di Burkitt, il linfoma di Hodgkin e la malattia linfoproliferativa post-trapianto.

“Il tema principale di questi risultati è che l’acquisizione precoce di agenti patogeni influenza la maturazione del sistema immunitario e, di conseguenza, anche le sue funzioni, con conseguenze che possono essere sia positive sia negative”, afferma Paolo Vineis, professore all’Imperial College di Londra e coordinatore di LIFEPATH.

Un ampio studio che indaga le relazioni fra difficoltà socioeconomiche, fattori di rischio e mortalità ha rivelato che, fra gli adulti, le disuguaglianze sociali sono associate alla perdita di 2,1 anni dell’aspettativa di vita nella fascia di età che va dai 40 agli 85 anni. Un impatto inferiore solo al fumo (4,8 anni), al diabete (3,9 anni) e all’inattività fisica (2,4 anni).

Un’altra ricerca si è concentrata sulla relazione fra il livello di istruzione e un meccanismo epigenetico, la metilazione del DNA, usato per rappresentare l’invecchiamento biologico. Lo studio, condotto da Giovanni Fiorito dell’Italian Institute for Genomic Medicine, suggerisce che gli individui con un basso livello di educazione hanno un tasso di invecchiamento biologico maggiore di chi ha un’istruzione migliore, il che implica un legame biomolecolare fra le circostanze sociali e la longevità. “Questi risultati dimostrano che dobbiamo considerare i fattori sociali ed economici come importanti determinanti della mortalità e come acceleratori dell’invecchiamento”, ha concluso Paolo Vineis.

La prevenzione è la via verso una salute equa

I ricercatori di LIFEPATH cercano di capire come lo studio di questi meccanismi di traduzione del contesto socioeconomico in processi biologici possa fornire utili elementi per lo sviluppo di future politiche sociali e sanitarie. I risultati ottenuti finora hanno enfatizzato la necessità di interventi che rallentino la tendenza all’aumento della massa corporea e la conseguente propensione allo sviluppo di stati pro-infiammatori, soprattutto nell’infanzia e nell’adolescenza.

Per ridurre l’impatto delle disuguaglianze socioeconomiche nella salute è anche fondamentale assicurare un accesso equo ai sistemi di prevenzione primaria, e promuovere il dialogo fra ricercatori, politici e gli altri soggetti coinvolti. In un mondo nel quale il mercato internazionale dei farmaci contro il cancro vale più di 40 miliardi di dollari all’anno, è essenziale investire in interventi efficaci e a basso costo, come la prevenzione di base.

 

È anche importante mitigare le conseguenze delle avversità socioeconomiche nell’età adulta per incoraggiare un cambiamento comportamentale e limitare le conseguenze dei rischi lavorativi, poiché anch’essi possono influenzare la predisposizione biologica all’insorgere di malattie croniche.

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Publication date: 
Thursday, June 14, 2018