Lo svantaggio socioeconomico può innescare l’infiammazione cronica e provocare disuguaglianze di salute
- Uno studio su 18.349 persone ha dimostrato che la posizione socioeconomica può influenzare la salute agendo sui processi di infiammazione cronica, che a sua volta predispone a malattie come diabete o ipertensione
- Le disuguaglianze socioeconomiche nella salute fra i paesi coinvolti nello studio (Inghilterra, Irlanda, Portogallo e Svizzera) sono il riflesso delle loro disuguaglianze di reddito
- Le differenze fra questi paesi per quanto riguarda salute e mortalità possono essere spiegate meglio dalle variazioni delle disuguaglianze di reddito che dal loro prodotto interno lordo
- I livelli medi di infiammazione sono più alti in Portogallo, il paese con la più alta diseguaglianza di reddito, e più bassi in Svizzera, la cui diseguaglianza di reddito è la più bassa fra quelle analizzate
Milano / Londra, 28 Gennaio 2019– Gli abitanti dei paesi con maggiori diseguaglianze di reddito sono più soggetti a infiammazione cronica, la cui incidenza sembra essere legata alla posizione socioeconomica. Queste le conclusioni di uno studio pubblicato su Scientific Report da un gruppo di ricercatori del progetto LIFEPATH, un progetto finanziato dalla Commissione Europea con lo scopo di individuare i meccanismi biologici che stanno alla base delle differenze sociali nella salute.
Che la posizione socioeconomica (PSE) giochi un ruolo di primo piano nella salute e nell’aspettativa di vita delle persone è ormai una nozione consolidata. Indipendentemente dal modo in cui si misura la PSE – per esempio tramite il reddito, il livello di istruzione o la classe sociale – una cosa è chiara: gli individui più svantaggiati dal punto di vista economico e sociale hanno in media una minore aspettativa di vita e un livello di salute peggiore. Queste influenze esterne sulla salute, inoltre, iniziano a emergere molto presto durante l’infanzia e diventano più importanti con l’età.
La posizione socioeconomica può impattare la nostra vita influendo su diverse funzioni biologiche tramite condizioni come la posizione e la qualità dell’abitazione, l’esposizione a inquinanti e patogeni, e stili di vita più o meno salutari. Ma c’è anche un crescente consenso scientifico su un altro meccanismo: sembra infatti che la PSE possa interagire direttamente con il nostro organismo tramite processi neurologici e ormonali.
È una catena di eventi: l’incertezza e le difficoltà economiche possono provocare forme di stress psico-sociale, che possono innescare processi di infiammazione cronica, che a loro volta possono aprire la strada a problemi cardiovascolari o altre malattie non trasmissibili. Questa emergente connessione fra stress psico-sociale e malattie potrebbe spiegare quelle differenze nelle condizioni di salute e benessere fra gli abitanti di uno stesso Paese che non sono quindi basate sulla ricchezza nazionale. Diversi scienziati hanno sviluppato la “ipotesi dello stato d’ansia”, secondo la quale variazioni assolute nella morbilità – cioè una condizione di malattia, disabilità o in generale di scarsa salute – e nella mortalità delle società sviluppate è più correlata con i livelli di disuguaglianza di reddito dei vari stati che non con il loro prodotto interno lordo.
Per verificare questa ipotesi, i ricercatori di LIFEPATH hanno analizzato i dati ottenuti da 18.349 persone di età compresa fra i 50 e i 75 anni provenienti da Inghilterra, Irlanda, Portogallo e Svizzera, usando la posizione lavorativa, la concentrazione di Proteina C-reattiva (CRP) e una serie di parametri (fumo, indice di massa corporea, diabete e ipertensione) come indicatori, rispettivamente, della posizione socioeconomica, dell’infiammazione cronica e dello stile di vita.
Ciò che è emerso da queste analisi è che, mantenendo costante la distribuzione di età, sesso e PSE, la concentrazione media di CRP del Portogallo – il Paese con la maggior disuguaglianza di reddito fra i quattro analizzati – è risultata essere la più alta, mentre la più bassa è stata quella della Svizzera, dove la diseguaglianza di reddito è la minore. È possibile che questo andamento rifletta il reddito pro capitedi questi Paesi, ma i ricercatori hanno dimostrato che anche le differenze assolute e relative fra gruppi con diverse PSE sono associate ai processi infiammatori. L’età sembra essere un elemento livellatore, poiché le variazioni fra alte e basse PSE in termini di infiammazione raggiungono un picco a cinquant’anni e poi calano. I risultati ottenuti da LIFEPATH suggeriscono anche che gli stili di vita giocano un ruolo importante nello sviluppo dell’infiammazione cronica.
«Le differenze di natura socioeconomica nella mortalità fra i vari paesi sono in aumento fin dagli anni Ottanta e in alcune nazioni come gli Stati Uniti l’aspettativa di vita in generale è in calo rispetto alle generazioni precedenti», ha commentato Richard Layte, professore di sociologia al Trinity College Dublin e coordinatore dello studio. «Questo eccesso di mortalità è stato definito “morte per disperazione” da alcuni studiosi ed è in gran parte dovuto a un calo del benessere psicologico. Il nostro studio fornisce le prime prove di un processo fisiologico che potrebbe spiegare questo andamento e il ruolo fondamentale dei processi di infiammazione cronica nel rischio di insorgenza di diabete, malattie cardiovascolari e cancro».
«Questa ricerca costituisce un importante passo avanti nel capire l’origine biologica delle disuguaglianze sociali nella salute, e anche nello spiegare le differenze di salute fra le fasce di popolazione di diversi paesi. Serviranno ulteriori studi con indicatori biologici dello stress individuale per confermare queste osservazioni», ha aggiunto Silvia Stringhini,ricercatrice all’University Hospital di Losanna che ha partecipato allo studio.